I fatti di cronaca che si sono susseguiti negli ultimi anni hanno visto protagonista il mondo nella sua totalità: la pandemia causata dal Covid-19, con le implicazioni sulla salute fisica e mentale, nonché la guerra in Ucraina, con le conseguenze dirette sulle popolazioni interessate dal conflitto e indirette per le implicazioni economiche e non solo, su buona parte del pianeta. Dal punto di vista psicologico, la rilevanza di tali accadimenti, il primo citato in particolare, da un lato ha accelerato e/o accentuato la manifestazione della sofferenza presente nelle persone, dall’altro ha consentito di porre con più forza sotto i riflettori il tema della salute e del benessere mentale.
L’obiettivo di questo articolo è quello di presentare e inquadrate brevemente il disturbo da stress post-traumatico (DSPT), il quale è stato a sua volta inserito all’interno della categoria generale dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti (DSM-5, American Psychiatric Association, 2013), in quanto l’esposizione a situazioni di questa natura, come quelle su citate, potrebbero aver generato ripercussioni psicologiche riconducibili al DSPT.
Il riconoscimento del disturbo da stress post-traumatico è avvenuto nella prima metà del ‘900, a seguito delle particolari manifestazioni comportamentali riscontrate nei soldati rientrati dalla prima e/o seconda guerra mondiale e da quella del Vietnam; tra questi sintomi i più frequenti erano: stanchezza, tremore, confusione, incubi, disturbi della vista e dell’udito. Inizialmente, questo particolare insieme di sintomi venne denominato “shell schock”, psicosi traumatica, e si pensava che a soffrirne fossero soltanto persone deboli di carattere. Secondo il senso comune, infatti, un soldato rientrato dalla guerra, avrebbe dovuto mostrare un atteggiamento glorioso, senza tradire segni di emozione; col passare del tempo, invece, ci si rese conto di quanto fosse invalidante la sofferenza conseguente e quanto importanti fossero le ripercussioni nelle vite dei soldati. Per questi motivi si diede maggiore rilevanza a tali manifestazioni sintomatiche, dedicandovi studi approfonditi, fino a comprendere che si trattasse proprio di un disturbo, ovvero una condizione psicologica con evidenti correlati sul piano fisico e mentale, che alterava il funzionamento quotidiano dell’individuo.
Il DSM-5 è il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, che viene redatto e costantemente revisionato da un gruppo di psichiatri specializzati, allo scopo di consentire un dialogo comprensibile, in ambito medico e psicologico principalmente, tra professionisti anche di lingue e culture differenti. Secondo questo gruppo di studiosi, la sofferenza che accompagna l’esposizione ad eventi traumatici e stressanti, implicanti situazioni con reale o ipotetica minaccia di morte, comprende manifestazioni ansiose, paura, rabbia e aggressività, sintomi dissociativi (sconnessione o discontinuità nella normale integrazione psicofisica dell’individuo), anedonia (incapacità totale o parziale di provare interesse verso attività piacevoli) e disforia (alterazione patologica dell’umore). Essendo ogni individuo diverso dall’atro, le reazioni a tali eventi si possono verificare in modalità differenti: ad esempio presentando uno specifico mix di sintomi, oppure con predominanza di alcuni di essi e assenza di altri; inoltre, i sintomi possono variare nel tempo. Chi soffre di questo disturbo può altresì presentare diversi gradi di compromissione negli ambiti di vita sociale, lavorativo e familiare, accompagnati da intensa e prolungata sofferenza psicologica e a reazioni fisiologiche marcate. A questo punto appare necessario esplicitare quali siano le principali modalità in cui può essere rivissuto l’evento traumatico:
Ricordi ricorrenti, intrusivi e involontari, relativi a componenti comportamentali, sensoriali, emotive e fisiologiche dell’evento vissuto;
Sogni spiacevoli, che ripercorrono l’evento o parte di esso o che ne rappresentino le componenti vissute come minacciose;
Stati dissociativi, che possono durare da pochi secondi fino a qualche giorno e si dispongono lungo un continuum, dove a variare è il grado di perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante; tali episodi vengono spesso chiamati flashback.
Affinché si possa parlare di questo disturbo è, inoltre, necessario che i sintomi si presentino entro qualche mese dall’esposizione all’evento traumatico e stressante e che perdurino un tempo superiore ad un mese; in quest'ultimo caso, la sofferenza manifestata, non meno importante ma che si risolve nell'arco di trenta giorni, soddisfa le caratteristiche del disturbo acuto da stress.
In molti casi, i sintomi tendono a non presentarsi più dopo tre mesi dall’insorgenza del disturbo, tuttavia, a volte, possono persistere anche per un anno.
Il DSPT si può instaurare in soggetti di qualsiasi età, con diverse e particolari modalità di espressione della sofferenza. Nei bambini al di sotto dei sei anni, ad esempio, è possibile che l’evento traumatico venga rivissuto attraverso il gioco, sia in modo diretto che in modo simbolico e immaginativo; in altri casi, invece, si può riscontrare una limitazione del gioco o del consueto comportamento esplorativo dell’ambiente. Nel periodo dell’anzianità, invece, è possibile che si verifichi un aumento delle preoccupazioni relative allo stato di salute e un maggiore ricorso all’assistenza medica.
Una particolarità che caratterizza il disturbo, infine, è rappresentata dalla possibilità che l'evento scatenante non sia stato vissuto in prima persona da chi lo ha instaurato, bensì da un familiare o da una persona affettivamente importante, oppure, che possa riguardare un evento di particolare rilevanza per l’integrità fisica e/o psichica dell’individuo, come una catastrofe naturale, che il soggetto abbia visto accadere altrove ma che possa potenzialmente avvenire anche nel luogo in cui abita.
Per concludere torniamo brevemente all’argomento da cui è nato questo articolo, per rispondere alla seguente domanda: quali sono i fattori relativi ai recenti fatti di cronaca che potrebbero aver determinato l’insorgenza del DSPT?
In relazione alla pandemia i fattori scatenanti potrebbero essere molteplici e, data la sua portata storica, potremmo individuarne un elenco molto ricco, per questo ci limiteremo ai più noti: la percezione di trovarsi immersi in un evento dalla portata globale, dove non vi sia un luogo non colpito; la presenza di un virus relativamente sconosciuto (bisogna sempre tenere a mente che la famiglia dei Coronavirus fosse già nota nel mondo medico) e dalla dubbia conoscenza circa la sua origine; il lockdown e le diverse misure di contenimento; le lunghe ospedalizzazioni, che hanno contraddistinto la fase iniziale della pandemia, nonché le cure invasive (intubazioni e maschere respiratorie) e l’impossibilità di avere accanto a sé le persone care. Spostando il focus sulla guerra in Ucraina, indubbiamente per i suoi abitanti l’essere esposti direttamente al conflitto armato si configura come un fattore scatenante; per le popolazioni degli altri stati, sia quelli appartenenti ad un paese Nato sia quelli che non lo sono e confinano con la Russia o l’Ucraina, la costante percezione che, nel primo periodo soprattutto, si aveva relativamente al possibile allargamento del conflitto, potrebbe essere percepito come una potenziale minaccia alla propria vita.
Filomente Psicologia
留言